Sette moduli in undici partite: la difficile ricerca di un'identità per il Bari di Caserta
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Sette moduli in undici partite: la difficile ricerca di un’identità per il Bari di Caserta

Undici partite, dieci formazioni diverse e sette moduli cambiati. L’avvio di stagione del Bari di Fabio Caserta è un continuo esperimento alla ricerca di un’identità tattica e di risultati.

L’avvio di stagione del Bari è stato caratterizzato da una costante instabilità tattica, con il tecnico Fabio Caserta impegnato in una continua ricerca della formula giusta. In undici partite, la squadra ha visto ben dieci formazioni diverse e sette differenti moduli di partenza, un segnale evidente della difficoltà nel trovare una fisionomia definita e una continuità di rendimento. Questa girandola di uomini e schemi è stata influenzata sia da necessità contingenti, come infortuni e squalifiche, sia da una chiara volontà di sperimentare per individuare l’assetto più efficace.

Dall’illusorio 4-3-3 al primo cambio di rotta

L’avventura in campionato era iniziata sotto il segno della continuità, con un 4-3-3 riproposto nelle prime due uscite dopo il battesimo in Coppa Italia contro il Milan. In questa fase, la linea difensiva sembrava un punto fermo, con Dickmann e Dorval come terzini e la coppia centrale formata da Vicari e Nikolaou. Il centrocampo vedeva Verreth in regia, affiancato da Braunoder e Pagano, mentre il tridente offensivo era composto da Partipilo e Sibilli a supporto della punta Moncini. Le prime certezze, tuttavia, si sono incrinate dopo la sconfitta a Modena, che ha spinto Caserta a un primo, significativo cambiamento. Pur mantenendo gli stessi giocatori, il tecnico ha ridisegnato la squadra con un 4-2-3-1, spostando Verreth e Braunoder in mediana e avanzando Pagano sulla trequarti, alle spalle di Moncini.

La fase della difesa a tre e le sue varianti

Il pesante rovescio di Modena ha inaugurato una nuova fase di sperimentazione, incentrata sulla difesa a tre. Il primo tentativo, a Palermo, ha visto l’impiego di un 3-4-2-1 che non ha dato i frutti sperati, portando a un’altra sconfitta. Per la successiva gara contro la Sampdoria, Caserta ha optato per un 3-5-2, inserendo Meroni nel terzetto difensivo e lanciando per la prima volta la coppia d’attacco Moncini-Gytkjaer. Questo modulo ha portato un pareggio e una parziale conferma anche per la trasferta di Chiavari, sebbene con interpreti quasi completamente rinnovati. La difesa ha visto il debutto di Pucino e Burgio, mentre il centrocampo è stato ridisegnato a quattro, con Pagano a supporto del tandem offensivo Partipilo-Moncini. Un’evoluzione continua che dimostra la volontà del tecnico di adattare lo schema alle caratteristiche degli avversari e allo stato di forma dei suoi uomini.

Tra esperimenti audaci e un equilibrio ancora lontano

La ricerca non si è fermata, portando a soluzioni ancora più audaci. Contro il Padova, Caserta ha sorpreso tutti con un inedito 4-1-4-1, con Verreth a fare da schermo davanti alla difesa e Gytkjaer unica punta. Nonostante la vittoria, l’esperimento non ha convinto del tutto, tanto che a Reggio Emilia si è tornati al 3-4-2-1, seppur con uomini diversi. La sconfitta ha portato a un’ulteriore variazione in Bari-Mantova, con un 3-5-1-1 che ha dato spazio al giovane Kassama in difesa e ad Antonucci libero di agire alle spalle di Moncini. Nelle ultime uscite analizzate, il tecnico ha continuato ad alternare moduli, passando da un 3-4-2-1, descritto quasi come un 3-6-1, contro il Cesena, a un 3-4-1-2 visto a La Spezia, nel tentativo incessante di trovare quella quadratura del cerchio che, finora, è apparsa ancora distante.